Il 10 giugno del 1943, Benito Mussolini pronunciò la famosa dichiarazione di guerra ai governi inglese e francese. Il Primo Ministro canadese del tempo, Mackenzie King, emise il “War Measures Act” e ordinò alla polizia di arrestare tutte le persone di nazionalità o origine italiana che potessero causare sommosse o sabotaggi che avrebbero potuto nuocere al benessere del Canada.
Appena un’ora dopo la trasmissione del messaggio di Mussolini, gli italo-canadesi divennero ufficialmente nemici dello stato canadese.
Marcati come “nemici stranieri”, 600-700 uomini e donne vennero arrestati e separati dalle loro famiglie, molti dei quali senza saperne la ragione, e vennero incarcerati in prigioni locali in attesa di essere trasferiti ai campi di internamento.
Nonostante nessuno degli arrestati venne mai accusato da un tribunale, vennero lo stesso considerati pericolosi per la sicurezza nazionale.
Alcuni vennero rilasciati dopo pochi mesi, altri invece rimasero internati anche fino a 4 anni.
Insieme agli arresti di massa e agli internamenti, molti altri italiani soffrirono la perdita del loro lavoro, atti vandalici, abusi verbali e violenze.
Tante madri, rimaste sole ad allevare i propri figli, vissero momenti difficili. Vennero bloccati i loro conti in banca, i mobili requisiti e alcune furono addirittura buttate fuori casa, ed in queste situazioni estreme, continuarono a fare del loro meglio per sopravvivere.
La comunità reagì in diversi modi: alcuni italo-canadesi evitarono le famiglie degli internati mentre altri sostennero sia finanziariamente che moralmente queste sfortunate famiglie. Molte delle famiglie si appoggiarono ai loro sacerdoti, ad avvocati e a membri del parlamento locale per far liberare i propri cari.